Chi si è ritrovato tra le mani Come Quando Fuori Piove di Beatrice P. ha capito subito la differenza tra questo romance e il romance in generale. La storia di Beatrice è vera, reale, può essere la storia di chiunque di noi. E lo è per l’abilità della scrittrice, ovviamente, ma anche per il punto di vista sul romance che ne ha determinato il taglio stilistico.
A parlarcene è la stessa Beatrice!
Devo essere davvero onesta: non sono una grande appassionata di romanzi rosa.
È vero, quando ero piccola avevo iniziato a scrivere una storia struggente di lei, che poi ero io, che amava lui, che poi era il ragazzino con la cresta che a scuola mi tirava i pugni e mi diceva che ero un cesso a pedali – col senno di poi, effettivamente il monosopracciglio non mi donava proprio.
Poi è arrivato Federico Moccia, e con lui tutto quel magico universo del bad-boy romano con la sigaretta sempre piantata in bocca, che rapisce la liceale classicista figlia di avvocati portandola con sé tra gare di moto clandestine; a quel punto ho capito che se avessi dovuto prendere spunto dalla mia personale e noiosissima biografia per creare qualcosa di emozionante, ecco, forse avrei quanto meno dovuto aspettare di sapere cosa si prova mentre si limona. O mentre si va in motorino.
Stacco di dieci anni. Io non ho più il monosopracciglio. Il ragazzino con la cresta è diventato un omone a cui per caso una volta ho rigato la macchina uscendo da un parcheggio (ironica, la vita). Lui rimane un figo da paura, ma questa è un’altra storia… rimango una non grande appassionata di romanzi rosa, ma nel metro cubo di appartamento ficcato sulla cima di una montagna in cui mi ritrovo ficcata per un anno a lavorare, non c’è il wifi. E non c’è una biblioteca. E non c’è neppure il gas, ma pure questa è un’altra storia; in compenso, c’è Kindle Unlimited… e comincio a leggere, di nuovo, romance.
Mi pongo una serie di questioni:
1. Ma i bad-boy non sono ancora tramontati?
2. Per quale motivo le protagoniste femminili sono sempre delle rincoglionite senza carattere?
3. (Questa non è una questione, è piuttosto una improvvisa consapevolezza): ho finalmente del materiale autobiografico da cui prendere spunto! Ho limonato, sono andata su un motorino, mio Dio! Ogni tanto ho pure fatto sesso: ho tutti gli elementi per incarnare una scrittrice di romanzi rosa che si rispetti.
Stacco sul mio volto concentrato mentre inizio a scrivere Come quando fuori piove senza sorseggiare nessuna tisanina di accompagnamento, dal momento che nel metro cubo di appartamento, quel giorno, il gas non era per l’appunto disponibile.
La premessa è lunghetta, ma necessaria. Io non sapevo cosa volevo scrivere, ma sapevo cosa non volevo scrivere. Non volevo luoghi comuni (difficile, questo, perché la tentazione di usare stilemi quali “con ardore” o “dal profumo intenso” è sempre viva; ogni tanto, infatti, ho ceduto), ma soprattutto, non volevo assolutamente scrivere episodi inverosimili. Fratellastri sotto lo stesso tetto? Via. Lui ricco, bellissimo, sempre in giacca e cravatta, che corteggia lei, sciatta, venuta dalla provincia, che però ha qualcosa che tutte le altre proprio non hanno? Via.
Cos’è che davvero conoscevo bene? La mia vita fino a quel punto, naturalmente; la vita di una ragazzina che è diventata adulta. Su questo c’ero. Ma mancava qualcosa. Mancava il problema, mancava la dinamica… che cosa, davvero, crea un conflitto agli adolescenti quanto crescono?
Facile, mi sono detta nella solitudine di quell’appartamento di montagna che dava su una strada piena di neve: il cambiamento. Lasciare andare il porto sicuro di quella routine che ti fa svegliare la mattina per prendere un bus che ti porta a scuola. Fumare una sigaretta con le tue amiche ai cancelli dell’ingresso, insultare quella stronza di latino perché per lei non sei una persona, ma sei un voto, in particolare un Cinque meno meno. E soprattutto, chiederti insistentemente che ne sarà, alla fine delle superiori, della tua storia d’amore infinita con quel ragazzo che ami con ogni fibra del tuo essere, e che ti ama con ogni fibra del suo essere.
Eccoli, quindi, prendere forma sulla pagina: sono loro due, devono essere loro due. Si chiamano Lali e Tazio, i protagonisti di questa storia. Si sono amati di quell’amore di cui ti ami quando hai sedici anni, quello puro e genuino, un amore in cui sembra che la vita non possa metterci lo zampino. Ma invece, alla fine, la vita va a finire che lo zampino ce lo mette sempre…
Ne è venuta fuori una storia che, come Balto, sa solo quello che non è: non è un cliché. Non è finzione. Non è davvero un romanzo rosa… ma mi raccomando. Acqua in bocca: questo, la mia casa editrice non lo deve venire a sapere.