È nato a Firenze il calcio. Inutile che gli inglesi ne pretendano la paternità. Non ce l’hanno, se ne facciano una ragione.
C’era un antichissimo gioco, chiamato Harpazum, dal verbo greco arpazo: prendere, acchiappare (cit. Lorenzo Rocci, Vocabolario greco-italiano). Questo gioco ha attraversato i secoli arrivando fino al Rinascimento fiorentino, esattamente nel 1530, in una storica partita del 17 febbraio che i fiorentini, assediati dalle truppe di Carlo V che intendevano demolire la neonata repubblica e riportare al potere i Medici, giocarono beffandosi degli stenti.
Ma davvero Carlo V pensava di piegare lo spirito dei fiorentini? Affamati, stremati, impauriti ma mai domi, i nobili sfoggiarono i loro abiti più preziosi, i fiorentini si abbigliarono con le livree e giocarono una stupenda partita tra le squadre appartenenti ai rioni cittadini. Tra quella grandiosa dimostrazione di fierezza, finita poi con la morte della repubblica fiorentina, e la moderna fase del Calcio storico, ci furono varie patrtite giocate in differenti luoghi cittadini: una perfino davanti ai piemontesi Savoia nel 1898 alle Cascine.
Fu nel 1930 che il calcio storico, o calcio in costume, venne di nuovo reso una tradizione irrinunciabile: in Piazza Santa Croce venne giocato per rievocare l’assassinio di Francesco Ferrucci a Gavinana per mano del vilissimo Maramaldo. Le partite tra le quattro squadre cittadine: i Bianchi di Santo Spirito, gli Azzurri di Santa Croce, i Verdi di San Giovanni e i Rossi di Santa Maria Novella, sono tutt’ora sorteggiate il giorno di Pasqua e si svolgono nelle domeniche di giugno fino al giorno del Patrono. Fu scelto infatti il 24 giugno, il giorno di San Giovanni Patrono di Firenze, per disputare la finale e far rivivere l’arena della piazza riportando in vita un Rinascimento che a Firenze non sembra ancora finito.
550 figuranti in abiti cinquecenteschi, in molti scelti tra i discendenti delle famiglie nobiliari cittadine, un corteo composto da madonne fiorentine, nobili, soldati in armatura, tamburi e chiarine danno il ritmo dell’incedere solenne della sfilata che attraversa le vie del centro storico. Poi i Bandierai degli Uffizi, la compagnia di spettacolari sbandieratori che compiono evoluzioni con le insegne dal giglio rosso su campo bianco, prima dell’inizio della partita. E poi loro, i giganti, i gladiatori di Firenze. Cinquattaquattro calcianti, ventisette per colore, disposti in due file parallele contenute da due colonne di alabardieri in costume d’epoca, fremono sotto la canicola di giugno per arrivare in piazza e dare il via alla partita.
I due capitani impugnano la bandiera con gli stemmi delle squadre per tutto il percorso del corteo: dal Palagio di Parte Guelfa fino all’arena di Piazza Santa Croce, sotto le curve dei tifosi, dove il Magnifico Messere scelto di anno in anno, presiederà la partita e il Capitano di guardia porterà il saluto della Repubblica fiorentina.
La cerimonia del Saluto alla Voce, un rito durante il quale la piazza resta in completo silenzio, si conclude con un motto scandito senza microfono dal Capitano di Guardia del Contado : VIVA FIORENZA!