PROLOGO
1805 – Capo Trafalgar
I cannoni avevano smesso di scuotere l’aria, le onde e i cieli. Pennoni alti e maestosi di fregate francesi erano spezzati, le bandiere col tricolore, simbolo di una rivoluzione lontana, erano state fatte a brandelli e, lentamente, venivano ingoiate dalle oscure acque del mare. Il silenzio regnava adesso attorno alla Victory, la nave ammiraglia, nel cui cuore si stava spegnendo il suo comandante.
«Come va la battaglia? Come… come va la nostra giornata, Tom?»
Il Capitano Hardy per un attimo non seppe che rispondere. Il medico di bordo lo guardò, consapevole che per il tanto ammirato e temuto Ammiraglio Nelson stava ormai per giungere la fine.
«Abbiamo vinto, signore. L’Inghilterra vi acclamerà per la vostra vittoria contro Napoleone» sussurrò, mentre si inginocchiava accanto a quel corpo ormai malconcio e ricoperto di sangue.
«Le altre navi? Chi è perito?»
«I comandanti stanno controllando ogni vascello, come avete ordinato.»
«Clayton?»
«Se la caverà. Gli hanno curato le ferite.»
Lo sguardo dell’Ammiraglio iniziò a spegnersi lentamente. Prima che gli occhi si chiudessero per sempre, rivolse un’ultima preghiera agli uomini accorsi al suo capezzale.
«Non gettatemi in mare. E… prendetevi cura della mia Hamilton.»
Con le ultime parole rivolte all’amata, Horatio Nelson spirò.
Mentre moriva l’uomo che lo aveva addestrato con maestria e li aveva condotti in quella estenuante battaglia, dispiegando tutte le forze contro un’altrettanta vasta quantità di navi guidate dall’Ammiraglio Villeneuve, Alexander Clayton camminava lungo il ponte della sua nave, danneggiata in parte nella prua e sul pontile. Le carronate avevano svolto il lavoro in modo eccellente, così come il resto dell’equipaggio. E sebbene il cuore si stringesse nel vedere alcuni degli ufficiali ammassati in un angolo, privi di vita, rialzò il capo e osservò ciò che i suoi occhi avevano bramato da tempo. La sconfitta della flotta napoleonica e la vittoria della Royal Navy.
Era stato uno scontro cruento, devastante. Centinaia gli uomini che erano morti, da entrambe le parti. Vite spezzate dalle bordate o inghiottite dalle oscure acque dell’Atlantico.
Quando i suoi occhi incrociarono quelli del Capitano Thomas Hardy, riemerso dalla cabina dell’Ammiraglio, comprese che Nelson li aveva lasciati. Il cuore si strinse nel dolore e, sebbene stanco e spossato dal tremendo dolore che metteva alla prova il suo fisico, tirò la corda e fece discendere lentamente la bandiera inglese.
Come la Inverness, anche le altre navi ammainarono vele e bandiere in segno di lutto. Riportare a casa l’Ammiraglio era la nuova missione.
La voce del suo secondo lo riportò alla realtà.
«Lord Clayton, è giunta questa dalla Victory.»
Quando ultimò la lettura della lettera, comprese che le sponde dell’Inghilterra non lo avrebbero rivisto per un po’.
Si passò una mano sulla spalla, avvertendo ancora il dolore dell’operazione, la garza che sfregava contro la pelle e i punti di sutura.
A ferirlo era stata una bordata, solo da poco si era rimesso in piedi.
E si era ritrovato senza un arto.
Poca cosa rispetto a chi aveva perso la vita.
Vide i viceammiragli, comandanti e i capitani delle altre fregate e vascelli prepararsi a fare manovra e dispiegarsi lungo le acque dell’Oceano.
Lui, invece, avrebbe fatto rotta verso Gibilterra. Avrebbe ricaricato la nave, rimesso in sesto il suo equipaggio e sarebbe partito alla volta delle Americhe. Se per un attimo aveva pensato che quello che era stato il suo passato avrebbe potuto ora diventare il futuro, dovette ingoiare a forza quell’inquietudine che gli era sorta nell’animo.
Il suo più grande rimpianto sarebbe rimasto lì, chiuso in un baule, seppellito insieme al suo cuore e alla cosa più preziosa che avesse mai avuto.
CAPITOLO 1 – Ammainate le vele
1814 – Al largo della costa inglese
«Buon Dio, Harrison! Ma cosa fate?»
Alexander Hawke, si avvicinò all’uomo che era scivolato sul ponte e gli allungò il braccio.
«Scusatemi, Capitano. Credo di aver passato troppa cera e sono finito con lo scivolare» rispose il ragazzetto minuto, rifiutando il braccio e mettendosi in ordine la camicia insudiciata.
«La prossima volta state attento. Non voglio incidenti sulla mia nave.»
«Sissignore, Capitano!» asserì il giovane mentre tornava al lavoro.
Lord Alexander Clayton, Marchese di Hawke e secondogenito del Duca di Somerset, fece un mezzo sorriso e riprese a camminare verso il timone. Si mise al fianco del suo secondo e scambiò con lui un segno d’intesa.
«Come vi sentite, Capitano? Felice di tornare in Inghilterra?»
«Sono anni che non vi metto piede, presumo di sì.»
«Avete timore di annoiarvi, tornando a casa?»
«Con la resa dei francesi probabilmente non avremo molto di cui parlare. Inoltre, dovrò prendere in mano le redini del ducato. Mio padre è stato abbastanza chiaro nella sua ultima lettera: con la scomparsa di Nathalien, tocca a me portare avanti il nome dei Somerset. Ne avrei volentieri fatto a meno, ma gli impegni di mio padre in Parlamento non gli consentono di occuparsi di tutto. Mio fratello minore sta ultimando gli studi e presto diventerà avvocato. E abbiamo anche il debutto in società della piccola Sophia. Temo, però, che di me si ricorderà poco o nulla.»
«Anch’io ho lasciato mio figlio in fasce e lo troverò già bello che grande e il mio matrimonio ha subito le intemperie di anni lontano da casa. Non vi nego che ho timore di rivedere mia moglie.»
«Sono certo che sarà felice di avere al suo fianco un uomo che si è distinto a Trafalgar e soprattutto nelle Americhe. È stata dura, abbiamo perso tanti valorosi compagni, che non potranno gioire con noi per l’attuale sconfitta di Napoleone. Ma siamo ancora qui, gli renderemo onore.»
«Pensate che vi accaserete?»
«Non credo di essere fatto per il matrimonio. So per certo che mio fratello troverà una buona moglie. Ma io, no. Non sarei il marito ideale.»
Il pensiero di Alexander corse alle parole del medico, dopo i lunghi giorni di malattia al largo delle Americhe.
Forse non sarete mai padre, milord.
Avrebbe potuto prendere il posto del fratello per un po’, ma poi sarebbe toccato a Thomas dare la gioia di un erede ai Duchi di Somerset.
«Siete uno degli uomini e dei Capitani migliori che conosca. Non appena sapranno che siete tornato, le dame inglesi faranno di tutto per incontrarvi all’Almack’s.»
«Sempre se lady Castlereagh non mi farà una ramanzina come col povero Duca di Wellington. Mia madre si è dilettata a narrarmelo nelle sue lettere. Pare che si sia presentato con un abbigliamento poco consono, a detta delle patronesse del ton. Mi chiedo dove arriveremo se ora una donna può permettersi di sentenziare sull’abbigliamento di uno dei più importanti politici e militari del regno. Povero Arthur.»
Featherstone rise di gusto, tornando a guardare l’orizzonte.
«Siete stato un bravo Capitano, Alexander. Non dimenticatelo. E nemmeno la vostra disavventura a Trafalgar può negarvi una vecchiaia serena insieme a una bella moglie.»
Featherstone si permise, ancora una volta, di chiamarlo per nome. Dopo anni di combattimenti ed avventure fianco a fianco, il Capitano Hawke gli aveva concesso tale privilegio. Quincey Caddy era divenuto quasi un fratello, oltre che un compagno d’armi, e spesso era stato proprio merito del primo Barone di Featherstone – titolo assegnatogli dal Re in persona per le sue imprese in battaglia – se erano riusciti a camuffare la Inverness e non farla avvistare subito come nave da guerra.
«Anche per me è stato un onore servire l’Inghilterra al vostro fianco, Quincey. Dio salvi il Re» gli rispose, con un cenno del capo.
«Dio salvi il Re.»
«Capitano!»
Dall’albero maestro, una voce concitata attirò la sua attenzione.
«Dite pure, Underson!»
«Terra, Capitano! Siamo in Inghilterra!»
***
1814 – Bath
«No, no e ancora no!»
«Anna Arabelle Rightwhite, comportati come una lady degna del tuo rango! Hai ventiquattro anni compiuti, ed è giunto finalmente il momento che tu adempia ai tuoi doveri.»
«Non ho intenzione di subire questa imposizione! Stiamo preparando tutto per la Stagione di Olivia, non per me!»
Il Marchese di Exter sospirò pesantemente e si lasciò cadere sulla poltrona dello studio. Sapeva che Anna avrebbe reagito in quel modo, se l’era infilato nella manica il rifiuto della figlia. Ma era l’unica soluzione possibile per sistemare quella dannata faccenda, come soleva chiamarla Anna.
«Olivia farà il suo debutto, così è stato deciso. Ma tu devi prendere marito, non transigo. La figlia del Marchese di Exter ha dei doveri.»
«Non voglio sposarmi, lo sapete bene.»
«L’uomo che ho scelto è perfetto per te. Io e suo padre abbiamo un’amicizia che ci lega da anni, e il suo buon nome porterà solo prestigio e onore alla famiglia Rightwhite.»
«Di chi state parlando?»
«Il Capitano Hawke sta rientrando a Londra. Io e il Duca di Somerset abbiamo deciso che l’unione fra le nostre casate non porterà altro che bene ai posteri.»
Quel nome le rimbombò nelle orecchie, scuotendole l’animo sin nel profondo.
«Lord Hawke è qui?»
«Malcom lo attendeva nel porto di Londra già dalle prime luci dell’alba. Sembri sconvolta, mia cara.»
«Sono anni che non vedo il Marchese. Come potete pensare che possiamo gestire un matrimonio?»
«Conosci lord Hawke da quando eri bambina, e l’eco del prestigio che ha portato all’Inghilterra e alla sua famiglia lo precede. Sarebbe uno sgarbo inaccettabile da parte tua se rifiutassi.»
«Lord Hawke è stato via per dieci lunghi anni. Credete che il suo primo pensiero sarà accasarsi? Partirà nuovamente in men che non si dica. E io cosa dovrei fare, intanto? Aspettare a casa che un grosso e presuntuoso…»
«Anna, adesso basta! Non tollero questo tuo atteggiamento. Ti ho sempre concesso libertà, la possibilità di studiare e anche di rifiutare ogni singolo pretendente. Per te ho spesso discusso anche con tua madre, ma ora basta. Non tollererò ancora insubordinazione per una questione che sapevi bene prima o poi sarebbe accaduta.»
«Perché non potete lasciare che sia Olivia a subire tutto questo?»
«Tua sorella non smette di fare i salti di gioia per la Stagione e credi che sia un peso per lei? È ancora in giro con tua madre per acquistare cappellini e stoffe. Saremo fortunati se troveremo presto un partito degno di lei, o mi ridurrà sul lastrico» gli rispose divertito il padre, alzandosi e avvicinandosi a lei.
Anna era rimasta col viso rivolto verso la finestra, e la luce del sole ne carezzava il profilo alto e fine, tanto simile a quello di sua moglie Caroline. La figlia ne aveva ereditato la bellezza, insieme con i bei boccoli neri tipici dei Rightwhite e gli straordinari occhi grigi della famiglia di sua moglie. Era uno spirito libero, lo era sempre stata, sin da piccola, e da questo punto di vista gli somigliava.
Gli occhi nocciola del Marchese la fissarono in maniera intensa, e quando lei si voltò il grigio azzurro del suo sguardo brillò, illuminato dal sole della primavera che splendeva alto su Londra.
«Se dovessi comprendere che per me sarà una tortura, vi assicuro che non mi sposerò.»
***
Quando i suoi stivali toccarono terra, Alexander inspirò a fondo il profumo della salsedine, affinché i polmoni ne fossero pregni. Gli sarebbe mancato il mare, terribilmente, ma il Commodoro Nighthale aveva dato quelle disposizioni e non poteva disobbedire ai suoi ordini.
Sono certo, Capitano Hawke, che un periodo di riposo gioverà molto alla vostra salute. Dopotutto, a seguito della nostra gloriosa vittoria a Trafalgar siete salpato per le Americhe. La vostra devozione al Re ed all’Inghilterra merita di essere premiata. Sarete convocato presto per essere insignito del mio stesso grado, gli aveva detto.
E alla sua richiesta di rimanere in mare, Nighthale aveva risposto: Sappiamo bene che per un Capitano come voi, la sua nave è come un’amante devota. L’amate appassionatamente e la desiderate senza sosta. Ma il vostro fisico è stato messo alla prova duramente e sono del parere che dobbiate prendere una licenza di qualche mese, se non per un anno intero.
Gli aveva però assicurato che la Inverness sarebbe rimasta attraccata nel porto di Londra, in attesa che lui risalisse a bordo. Siamo sicuri che l’Inghilterra avrà ancora bisogno di voi.
Alexander dovette ammettere che, a mano a mano che vedeva i bauli scendere dalla nave, il cuore gli si stringeva. Senza dubbio Nighthale aveva avuto ragione: era come abbandonare una casa, una famiglia. La Inverness era stata la sua prima nave, la fregata più veloce e ambita da qualsiasi capitano della Royal. Ed era stata affidata a lui.
Al fianco dell’ammiraglia Victory, seguendo gli ordini di Horatio Nelson, si erano battuti senza tregua contro Villeneuve e le forze francesi. Il suo Ammiraglio, colui che lo aveva istruito e preso sotto la propria ala durante la scuola nautica, aveva perduto la vita, tornando in Patria con uno stuolo di fregate a proteggerlo. Alexander, invece, non era tornato. Per esplicita richiesta della Royal e in parte per volontà personale. Di Horatio Nelson ne avrebbe sempre ricordato la forza e l’arguzia, e il destino aveva anche deciso di fargli condividere le medesime ferite fisiche.
La voce del secondo lo ridestò dai pensieri.
«Capitano, guardate, vostro padre.»
I profondi occhi di Hawke intercettarono quelli altrettanto blu e vispi del Duca di Somerset che, in elegantissimi abiti, ammirava la slanciata figura del figlio. Alexander ebbe un moto di commozione e imbarazzo: rivedere il padre dopo anni era un tuffo al cuore, come lo era stato quel lontano giorno in cui era salpato con la sua nave. Avrebbe preferito indossare un’uniforme decisamente meno sgualcita e sbiadita, rendersi presentabile. Ma, in fondo, anche a lei era affezionato.
Strinse la mano a Featherstone, augurandogli buona fortuna e strappandogli la promessa di venire a trovarlo a Londra, insieme con la dolce consorte, non appena gli fosse stato possibile.
A grandi falcate si avvicinò al padre, il quale spalancò le braccia e lo tenne stretto.
«Sei salvo. Sei tornato a casa.»
«Ne dubitavate?»
«Assolutamente no. Non quando il miglior uffciale della Royal Navy è mio figlio.»
«Sono solo un Capitano.»
«So per certo che il Re molto presto ti darà la giusta onorificenza. Bentornato a casa, Capitano Hawke.»
Alexander sorrise. «Grazie, Vostra Grazia.»
CAPITOLO 2 – Profumi del passato
Il tragitto che condusse la sontuosa carrozza del Duca di Somerset dal porto di Londra sino ad Hawke’s Manor non fu breve. Alexander si ritrovò ad ammirare le nuove costruzioni in stile palladiano, per la maggior parte delle facciate, e la netta distinzione fra i vecchi docks londinesi e le parti di recente edificazione che pullulavano nella fiorente zona di Hyde Park.
«Sembra quasi che tu a Londra non ci sia mai stato.»
«Profumi, odori… mi sono familiari. Ma ciò che osservo è molto lontano dai miei ricordi. Noto, inoltre, che il Re non ha badato a spese, così come tutta la nobiltà. Ci sono delle residenze decisamente… lussuose.»
«L’atteggiamento frizzantino di Sua Maestà ha messo in moto tutti i signorotti che sono accorsi in questo periodo per la Stagione, dando il via a una vera e propria gara a chi mostra più magnificenza. Le residenze di città sono state tirate a lustro e tutti cercano di mettersi al centro dell’attenzione.»
«Tranne voi, Vostra Grazia.»
«Un vantaggio nell’essere il Duca di Somerset e avere un rapporto privilegiato col sovrano è che non hai bisogno di metterti in mostra. Bastano gli sguardi degli altri a poggiarti su un piedistallo, salvo poi tentare di farti cadere. Ma ti prego, Alexander, torna a toni più confidenziali. Sai che li ho sempre desiderati dai miei figli.»
«Tenterò, almeno quando non siamo in pubblico.»
«Non sai quanto venga difficile il contrario a tua sorella Sophia. È deliziosa, spumeggiante nella sua tenera età, ma non riesce a trattenere questa sua condotta. L’altro giorno ha scandalizzato tua madre quando mi ha dato un bacio sulla guancia.»
Alexander rise di gusto. «La piccola Sophia… era poco più che una bambina quando sono partito. Non vedo l’ora di vederla. Come sta Thomas?»
«È ancora sui libri. Manca poco e diventerà un eccellente avvocato, e ne abbiamo parecchio bisogno per amministrare le proprietà.»
«Siete sempre del pensiero che affidare a lui tutta la contabilità sia una scelta saggia? Forse dovrebbe fare un po’ di praticantato.»
«La scorsa estate, sir Willoby gli ha affidato parte del proprio patrimonio a Bath. Glielo ha moltiplicato e reso decisamente più redditizio. E senza incorrere in prestiti o compromessi.»
«Un vero genio, il mio fratellino.»
«Credo di aver fatto la giusta scelta nel volerlo indirizzare in questo campo, farà carriera. E tu, sei pronto a prendere in mano l’eredità di famiglia?»
Alexander sospirò sommessamente. «Temo di non avere altra scelta. La mia nave è arenata in un porto e io, forse, devo farmene una ragione.»
Il Duca si sporse quel tanto che bastava affinché la sua mano si poggiasse sul ginocchio del figlio.
«Non vederla come una condanna, Alexander. Hai dato tutto te stesso in questi anni. E non parlo solo della moralità del tuo incarico. Dio solo sa quanto io e tua madre siamo stati in pena per te, senza poterti raggiungere, dopo quello che hai subito. Ma sai bene che ci sono dei doveri da compiere, delle leggi da rispettare. E io non avrei mai infangato il tuo e il mio nome portandoti nuovamente a Bath dopo Trafalgar. Ti ho lasciato in mare, perché so che lo bramavi più di ogni altra cosa. Ma adesso basta: hai bisogno di riposare. La resa di Napoleone attenua il clima politico che abbiamo vissuto in perenne tensione per tutti questi anni. Anche tu, adesso, hai il diritto di deporre le armi. Abbiamo tutti bisogno di pace.»
«Sapete che il mio destino è sempre stato la Marina Britannica.»
«Forse il destino ha deciso di far cambiare strada alla tua vita. Lo ha cambiato a chiunque in questi anni. Ma adesso sei qui, di nuovo a casa. Ed è giusto che tu costruisca un avvenire, anche come mio futuro erede.»
«So già dove volete andare a parare, e la mia risposta è no.»
«Sapevo che lo avresti detto, ma son spiacente di comunicarti che ho già deciso per te.»
Alexander inarcò un sopracciglio e divenne teso.
«Che cosa avete fatto?»
«Io e il Marchese di Exter abbiamo deciso che le nostre famiglie si dovranno unire. E la scelta è ricaduta su te e Anna.»
Gli occhi di Alexander si fecero piccoli e vibrarono al solo udire quel nome.
«Che cosa? Anna? Quella Anna?»
«Sì. Quella Anna.»
«Quando sono partito doveva debuttare, non è possibile che stiate parlando di lei.»
«Lady Rightwhite ha avuto, come posso dire, numerose riserve nel voler concedere la mano ai suoi tanti pretendenti. Fortunatamente per te, è diventata una graziosa fanciulla ed è ancora in età da marito.»
«E non vi siete chiesto il perché? Avrà ancora quel detestabile carattere e sarà una ribelle.»
«E invece posso dirti che ha modi molto educati, suona il piano e ha uno spiccato intelletto. È davvero gradevole udirla parlare. Inoltre, è una delle protette di lady Castlereagh.»
«Un diavolo travestito da angelo.»
«Anche tu avevi delle colpe da ragazzo, non facevate che litigare. Ma in questi anni siete maturati entrambi. Sarà una moglie devota e rispettabile.»
«E credete che vorrà un marito deforme come me? Padre, siate serio.»
«La mancanza di un arto non ha mai bloccato la possibilità di vivere un’unione serena.»
«E se fossi sterile? Vi ricordo che ho preso il vaiolo nelle Americhe. Condannarla a una vita senza figli sarebbe ingiusto.»
«Non trovarmi cavilli, sono certo che tu sia nel pieno del tuo vigore. A tutto, comunque, c’è rimedio.»
Alexander rise amaramente. Tutta la situazione aveva dell’assurdo e non poteva davvero credere a ciò che le sue orecchie avevano appena sentito.
«Lei non accetterà mai. Ne sono più che certo.»
«Suo padre e io concordavamo da tempo un’unione del genere. E il tuo ritorno in Patria è stato il segno che attendevamo.»
«Se Anna è rimasta quella che rammento io, sono certo che non sarà un’impresa facile. Quando dovrei incontrare la mia deliziosa fidanzata?»
«Sicuramene la incontrerai al debutto di tua sorella e della sua; dopo organizzeremo il fidanzamento. E riusciremo ad avere una licenza per un matrimonio entro tre settimane.»
«Siete certo che sia il destino ad aver voluto tutto questo, o voi lo avete inavvertitamente spinto verso i vostri progetti?»
«Il destino non tiene quasi mai conto del libero arbitrio, ma io sono pur sempre il Duca di Somerset.»
Hawke’s Manor era una deliziosa residenza su più piani, costruita a pochi chilometri da Hyde Park, al centro di una delle più importanti arterie della città di Londra. I lavori di edificazione erano stati avviati nei primi del Settecento, e solo in seguito la tenuta era stata rimodernata a seconda dei gusti e delle disponibilità della famiglia, sino a quando il Duca di Somerset aveva optato per uno stile più sobrio in facciata e l’ampliamento di alcune sale destinate ai ricevimenti. E, come Alexander aveva immaginato, in quei dieci anni di assenza non era cambiata.
I balconi erano ancora ricolmi di fiori bianchi e piante esotiche provenienti dall’Egitto e dalle Indie. Suo padre ne era un estimatore e non mancavano mai, sin da quando lui ne avesse memoria.
Quando scese dalla carrozza, il pesante portone nero venne aperto e dinanzi a lui si spalancò il sorriso della madre.
La vide scendere i gradini con tutta l’eleganza e la delicatezza che la distingueva: lady Henrietta era bella, lo era sempre stata. I capelli castani erano diventati più chiari, color miele, ma la pelle era priva di segni del tempo, sebbene gli occhi mostrassero uno sguardo più maturo e sempre ligio alla pacatezza.
«Madre…» le disse, sfiorandole la mano con un cortese baciamano, per poi rialzare lo sguardo e incontrare gli splendidi occhi verdi che brillavano come le valli della Scozia.
Lei rimase ancora qualche attimo in silenzio, poi lo strinse in un abbraccio carico d’affetto e amore.
Poco consono a una nobile.
Poco appropriato per la Duchessa di Somerset.
Ma obbligato per una madre che aveva atteso il figlio per più di dieci anni.
«Perdonami, ma temo di aver perduto ogni parola. Posso solo dire bentornato a casa, figlio mio. Sono così fiera di te.»
Il cuore di Henrietta si era fatto stretto, e per ben più di un motivo: la gioia, in primo luogo, le era scoppiata in petto al solo vedere la figura elegante di Alexander, rammentandole che non era più lo smilzo ragazzino che era partito tanti anni prima. Dinnanzi a lei vi era un uomo, un Capitano benvoluto e stimato da tutta l’Inghilterra. Poi gli occhi corsero alla manica della giacca che era rimasta libera di svolazzare nella leggera brezza che soffiava spesso in quei mesi.
Il dolore si acuì, immaginò quanto dovesse essere stato doloroso e difficile per il figlio. Per lei, continuare a servire la Marina sembrava decisamente contro ogni logica. Ma lui era testardo e aveva preferito restare in mare, combattere lontano dagli affetti e dedicarsi in modo instancabile alla propria carriera. Anche senza un braccio e con svariate cicatrici.
Tutto sommato, quando Henrietta aveva saputo che sorte fosse toccata agli altri membri della Royal Navy, aveva pensato che il figlio dovesse essere nato sotto una buona stella, che Dio lo avesse protetto. Che avesse ascoltato, almeno per quella volta, le sue preghiere.
Gli carezzò con le dita tremanti il volto, parzialmente imbrunito dal sole, e la folta capigliatura castana che tanto lo facevano simile a lei. Fili luminosi si stagliavano lungo le ciocche e un accenno di barba evidenziava il mento marcato ed elegante.
Sì, suo figlio era decisamente un uomo.
«Non piangete, madre. Sono qui. E credo proprio che resterò a lungo.»
«Sia ringraziato il cielo che non ti abbiamo perso quando il vaiolo ha colpito le navi nelle Americhe. Il tuo spirito è forte, l’ho sempre sostenuto. Hai la tempra di tuo padre e tuo nonno. Oltre al mio sangue scozzese nelle vene.»
«Buon sangue non mente mai, Vostra Grazia.»
«Eccomi! Eccomi! Dov’è? Dov’è mio fratello?»
Una vispa ragazza dalla lunga chioma dorata si affacciò dal portone: occhi intensi e blu, come i suoi, fisico ancora asciutto e pelle candida, con un corpo fasciato in un abito giallo dalle rifiniture bianche.
Quando gli si avvicinò, Alexander notò le guance colorirsi e un altro sorriso entusiasta palesarsi sul suo volto.
«Fratello! Alexander! Sei tu!»
«Sophia…»
La giovane gli saltò al collo e lo strinse, costringendolo a piegarsi in avanti per la differenza di altezza. Sophia gli schioccò un bacio sulla guancia.
«Eravamo tutti in pena per te! Sei a casa, sei finalmente a casa!»
Il fratello la strinse col braccio sinistro, sollevandola leggermente da terra. Se la stanchezza del viaggio non si fosse fatta sentire, era certo che l’avrebbe librata in aria. Sophia era leggera e delicata, come le piume.
«Dà respiro a tuo fratello, tesoro. E rientriamo in casa, sono certo che un buon bicchiere di brandy lo ritemprerà» sentenziò il Duca mentre porgeva il braccio alla moglie, varcando la soglia di casa.