“Joel & Sue”, la nuova commedia romantica di Laura Nottari, è in arrivo l’8 aprile. Oggi vi presentiamo in anteprima i primi tre capitoli, e ricordiamo che il libro cartaceo è già acquistabile (copie limitate) sul nostro shop online!
CAPITOLO 1
A detta di Google, la città di New York conta circa otto milioni e mezzo di abitanti.
Otto milioni e passa sparpagliati su settecentottantacinque chilometri quadrati, tra l’isola di Manhattan e la terraferma.
Per la sottoscritta sono numeri esagerati. Capisco l’entusiasmo della gioventù, ma sono troppi sul serio.
Ho deciso che sarò poco pretenziosa: di questi numeri mi farò bastare solo quelli compresi tra i fiumi Hudson, Harlem ed East. Controlliamo di nuovo Google… ecco: un milione e mezzo di persone.
Perfetto! Manhattan con i suoi quartieri sarà il mio campo di caccia.
Sottraendo le donne, considerando un approssimativo cinquanta e cinquanta, rimangono circa settecentomila maschi sull’isolotto. Settecentomila pene-muniti da cui depennare quelli già fidanzati e/o sposati, i gay, i minorenni e quelli con più di cinquant’anni e meno di trenta, visto che non voglio fare né l’infermiera, né la nave scuola.
Via anche quelli che ho già frequentato o mi sono portata a letto; è un bel mucchietto, lo so, ma gli errori si commettono una volta sola.
Okay, non so che numero di maschi sia sopravvissuto al filtraggio, ma a occhio e croce penso che dovrebbe bastarmi. E già che mi sento speranzosa, voglio credere che in questo locale, stasera, in questo preciso momento, ci sia il mio Lui.
Ladies and gentlemen, il fortunato che impalmerà Mary Sue Clarke, bionda pasticciera ventisettenne di Watsontown, Pennsylvania, è qui, tra centinaia di persone danzanti.
Che la ricerca abbia inizio.
Il proposito ufficiale per quest’anno agli sgoccioli è uno, e uno soltanto: frequentare un uomo e, possibilmente, instaurarci una relazione a tempo indeterminato, con tutti gli annessi e i connessi.
Per conseguire il nobilissimo scopo mi sono data le seguenti regole:
- Individuare il soggetto. Biondo con occhi azzurri (opzionale) e bello (obbligatorio).
- Parlarci per almeno un’ora e scoprire come si chiama.
- Andarci a letto solo dopo il secondo appuntamento (facoltativo). Non inquadrare il maschio prescelto nella solita galoppata e via.
- Farlo mio e attestarne il possesso (anche via social).
- Matrimonio con prole.
- Happy ending.
Sei punti. Un piano perfetto.
Perché, avvistati i trent’anni, una ragazza carina come me sogna e merita l’uomo della vita. Il mio materasso ne ha visti troppi di maschi usa e getta, e per ognuno di loro ha macchie in ogni dove. Qualcuna ha un nome, altre sono solo aloni sbiaditi nei meandri della dimenticanza vaginale… o quel che era.
Il mio materasso king size memory foam, poverino, mi è costato un occhio della testa e vorrebbe tanto imprimersi la sagoma di un newyorchese maturo, possibilmente di buona famiglia e dai sani e costruttivi principi.
Uno attaccato a mamma e papà, ma non in maniera patologica. Un amante degli animali, che apprezzi il buon cibo e, considerando che sono una pasticciera, i dolci.
Memory Foam lo vorrebbe alto, con due spalle così. Giovane, con un lavoro vero, una casa propria e una quercia dentro i pantaloni… perché i bonsai stanno bene solo sulle mensole. Lo vuole con il carattere di un boy-scout e la versatilità di un porno attore. Lo vuole dolce dolce e porco porco. Uno che prima ti sussurra languido Amore, ma quanto ti dona questo abitino, e poi aggiunge, rauco, Te lo strapperei con i denti.
Uno che ti apre la portiera della macchina, e poi, sul sedile posteriore, apre te.
Uno che torna a casa a fine giornata con tre barattoli di Ben&Jerry’s, per mangiarlo rigorosamente a letto.
Nudi.
Senza cucchiaini.
Ci siamo capiti, no?
Sono una donna di poche pretese; sogno e voglio un uomo carino con il quale metter su famiglia e devo trovarlo stasera, tra le duecento persone che ballano nel locale immerso nella musica, tra il buio e le luci colorate.
Devo trovarlo, anche se i due Daiquiri che ho bevuto non mi stanno aiutando, i tacchi mi fanno male, il tanga sega e il pavimento sembra un parco acquatico.
Secondo la mia tetta sinistra, e relativo fogliettino appuntato proprio lì, sopra l’abito, il futuro padre dei miei figli ha un rombo rosso come il mio. Quindi io, Mary Sue Clarke, devo trovare Mr Rombo Rosso, parlarci, portarlo a casa, presentarlo a Rocco e Dera, tumularlo nel lattice mnemonico e comprometterlo. Infine, assorbire il suo cognome, cambiare lo status su Facebook e dichiarare conquistato il soggetto.
Piano infallibile.
Segue risata malefica.
«Che hai da ridere?» La mia migliore amica, Linda, strilla nel mio orecchio sinistro: «Sei ubriaca?»
Sbuffo un Nah, sventolando una mano. «Sono in missione.»
«Missione?» ripete lei, succhiando il Cuba Libre dalla cannuccia.
Le indico la tetta. «Sto cercando Rombo Rosso! Devo trovarlo e sposarlo!»
«Vuoi sposarti stasera?»
«Ma no! Poi…» mimo una sequenza di circoli in aria. «Più in là.»
«Aaah!» fa lei, con l’espressione di chi ha afferrato tutto, ma in realtà non ha capito niente. Da ubriaca, Linda è più stordita del solito.
Io e lei ci conosciamo da quando, anni fa, sono fuggita da Watsontown per venire a vivere a New York, e ci vogliamo bene come sorelle.
Siamo la tipica coppia di amiche-disagio che si completano dentro e fuori: lei truccata, femmina nel dna, con lunghi capelli bruni sfumati di biondo sulle punte, un profilo Instagram da battaglia, corpo da capogiro e la passione per le spese superflue.
Io meno appariscente, ma sempre da leccarsi i baffi. Sfoggio un pratico pixie cut con frangetta e, lungo il corpo, delle curve niente male.
Se Linda ricorda una diva del cinema rétro, io sembro una pin-up dei tempi moderni: fiera portatrice di una terza abbondante, visino dolce, occhi azzurri da cerbiatta/mangiatrice di uomini.
Siamo entrambe felicemente realizzate, indipendenti e con lavori che amiamo. Io come pasticciera in un bakery café del Greenwich Village, lei proprietaria di una profumeria organic a SoHo.
Io sforno cupcake multicolor, bagels e torte, lei vende sapone fatto in casa, erbe e creme di ogni tipo. Io metto brufoli, lei toglie brufoli.
Siamo una coppia equilibrata e siamo entrambe single, o non ci troveremmo a una mega festa per gente spaiata.
L’idea del party, di base, è simpatica. In una lista online abbiamo specificato le nostre preferenze sessuali e pagato il biglietto. All’ingresso ci hanno dato un simbolo a caso, e uno identico è stato assegnato a qualcun altro, secondo le indicazioni di preferenze sessuali inserite al momento della registrazione. Sta a noi, ora, pescarci in mezzo al marasma.
La sorte ha tra le dita il capriccio di offrirci una controparte di nostro gradimento.
Qualcuno si è già trovato e sta ballando al centro della pista, oppure, al bancone del bar, si sta gridando in faccia particolari della propria vita. Qualche coppia è passata oltre e limona sui divanetti, ricordando che il punto della serata non è esattamente il dialogo.
«È un fottuto baccanale!» urlo dopo un sorso al terzo Daiquiri. «Non troverò mai mio marito!»
Schifata da non so cosa, Linda storce la bocca. «Cos’hai fatto con il dito?»
Alzo gli occhi al soffitto, snervatissima; non mi serviva una serata così. Non mi serviva l’ennesimo party alcolico del venerdì sera che rovinerà con mal di testa e mal di stomaco tutto il weekend. Intravedo già il lunedì: il solito, noiosissimo inizio settimana. Il turno dall’alba, diecimila dolci da infornare, le ordinazioni, il mio capo che dice di fare cose e, sullo sfondo, la certezza di non aver fatto niente, assolutamente niente di produttivo, in quei due giorni e mezzo di libertà.
Nessun cambiamento. Nulla che mi entusiasmi.
Sì, forse una scopatina con qualcuno, ma oltre a quella?
A Linda divertono questi weekend, ma io sono stanca della me arrapata e frivola che quando vede un uomo punta solo a spogliarlo. Sono stanca della me sola che cena sul divano insieme a Rocco e Dera, i quali, per quanto siano maschi e portino il nome di pornoattori, sono solo due gatti. Per giunta castrati e vagamente obesi.
Infine, sono stufa marcia della Mary che…
Rombo Rosso!
I miei occhi si spalancano davanti all’apparizione, del tutto inaspettata, dell’anelata controparte maschile.
Il mio cavaliere romboidale emerge dalla folla come un dio greco e si avvicina al bancone, proprio a pochi passi da noi. Tanta è la solennità del momento, che lo vedo camminare al ralenti. Non sento più la musica, né le lagne dei miei pensieri.
Già che ci sono, somatizzo la visione e vengo folgorata da un colpo di fulmine in piena regola.
Lui non mi ha notata, ma io lo stalkero come una telecamera di sorveglianza, strattonando Linda, la quale per poco non si strozza con la cannuccia.
Qualcuno ai piani alti ha avuto pietà di me, non ci sono altre spiegazioni.
Mr Rombo è talmente perfetto che sembra finto, emerso dal brodo primordiale solo per la sottoscritta, e in questo preciso istante.
Maschio fresco per Mary Sue Clarke, Greenwich Village, Manhattan!
Mr Rombo è alto, ma non troppo da tirare in causa l’insidiosa regola della L. Diciamo alto e proporzionato il giusto. Qualche anno più di me, spalle belle larghe, tonico, e con un gusto nel vestiario che lo fa rientrare nella categoria dei sani di mente.
Una volta sono uscita con uno con la fissa per gli abiti in stile texano, quelli con tanto di frange penzolanti e cappelli a tesa larga. Tremendo errore: gli abbaiavano dietro persino i cani.
Mr Rombo ha una maglietta a maniche corte azzurra sopra a un paio di jeans umani, e scarpe che non aspirano ad assomigliare a niente altro che… scarpe.
Niente frange dondolanti. L’unica cosa che ciondola, al momento, è la mia lingua.
Ed è biondo.
Ma tanto biondo.
Ed è bello.
Ma tanto bello.
Ha i capelli corti, un po’ spettinati dal caldo nel locale. L’assenza di barba esalta i lineamenti mascolini, compagni di labbra carnose e invitanti.
Deliziata, lo osservo mentre chiama il barman con un cenno e ordina una birra. Sul petto, appuntato alla t-shirt, spicca il segnalino gemello del mio.
«È lui, è lui!» Felicissima, tiro il braccio di Linda. «È il mio nuovo status su Facebook!»
«Tu hai una fortuna schifosa!» commenta la mia amica, incredula. «Ma guardalo, sembra uscito dalla Fabbrica dei Pornomen. Si chiama Kevin, non ho dubbi. Quelli come lui si chiamano tutti Kevin.»
«Fabbrica dei…» gongolo, poi ricordo i buoni propositi della nuova me e torno in carreggiata. «No, no, no! Niente cose zozze. Adesso andiamo lì, mi presento e ci parlo. Un ballo o due, e da qui uscirò solo con il suo numero di telefono. E basta!»
«Sì, ci crediamo tutti. Ti do dieci minuti, poi so già che gliela metterai in mano.»
Scuoto la testa a destra e sinistra. «Che amica di merda. Lo sai che stavolta ho buone intenzioni, non rovinarmele!»
«Sono l’unica che hai» ridacchia lei. «E ti conosco come le mie tasche.»
Brontolo malumore. Perché nessuno mi prende mai sul serio? «Ti ho detto che stavolta andrà diversamente.»
«Sì, sì, ho capito.» Linda sventola un cenno svogliato. «Andiamo, o vai da sola?»
«Stasera ti stupirò, vedrai.» Sistemo lo scollo dell’abito, che è sceso oltre il lecito. Mostrare troppe tette a un maschio in età da riproduzione non va bene, si rischia di ritrovarsi a parlare con uno che ha dimenticato di colpo l’anatomia umana e crede che i tuoi occhi si trovino appena sotto le clavicole. Cosa fastidiosa.
Liscio la gonna e la sollevo di qualche centimetro, scoprendo sufficiente cosciame. Il cosciame subito è accettabile.
Controllo la frangetta, passo la lingua sui denti, poi annuncio: «Forza, all’attacco di Kevin!» E marcio verso la preda, armata del mio cocktail.
Mr Rombo per poco non si strozza con la birra quando mi fermo accanto a lui e gli indico con fierezza la mia tetta sinistra. Lui la guarda, nota il simboletto rosso e sorride, sfoderando un plotone di denti bianchi, dritti e perfetti. Sposta gli occhi nei miei, ed ecco che mi sciolgo.
Li ha azzurri. Oddio mio, è proprio come lo sognavo!
«Ehi, ciao!» mi saluta allegro. «Eccoti qui, rombetta!»
«Ciao…» Dondolo sui piedi, neanche fossi brilla. Perché non lo sono. «Rombone.» Okay, forse un po’.
«Ciao, Kevin!» fa eco Linda, da dietro le mie spalle.
Valuto se metterla fuori gioco con una mossa di karate, un pugno o una gomitata nello stomaco, ma credo che poi la serata si complicherebbe. La ignoro, tendo una mano a Mr Rombo e sfoggio anch’io sorriso e dentatura. «Piacere, mi chiamo Mary Sue!»
Odio il mio inutile secondo nome, specialmente come suona: Siuuu. Sa troppo di bambina deficiente.
Mr Rombo stringe la mia mano e si presenta. «Io sono Jason. Mary Sue, che nome dolce.»
Ah, quanto amo il mio doppio nome, non lo cambierei per nulla al mondo!
«Grazie» civetto. «Anche il tuo è fico. Fa molto…» Molto cosa? Cosa? «Mo… molt… Momoa» balbetto.
Momoa? Vorrei andarmi a nascondere.
Per fortuna Jason scoppia a ridere.
«Jason Momoa? Magari avessi i suoi muscoli!» commenta, poi si sporge verso la mia amica, e i due si presentano. «Tu che simbolo hai?» le chiede. «Forse posso aiutarti.»
«Ho una cosa oblunga. Penso sia una foca» risponde Linda, guardando la spallina dell’abito.
«È un delfino» faccio notare. «Secondo te le foche hanno le pinne dorsali?»
«Ma che ne so!» esclama. «Io conosco solo i pesci di terra.» E ride.
«I che?» fa Jason, tra il perplesso e il divertito.
I piselli, caro.
«A parte che le foche e i delfini non sono pesci, ma mammiferi» mi intrometto prima che il discorso degeneri. «Scusala, quando è ubriaca dice cavolate.»
«Mi spiace, Linda, non ho visto delfini, ma…» Dà una manata a un tipo alle sue spalle, seduto al bancone e curvo su una bottiglia di birra. «Ehi, tu che simbolo hai?»
«Eviteresti di toccarmi?» telegrafa questi in risposta.
«Dai…»
«No. Allontanati, tu e le tue dita Escherichia coli. Ti sei lavato le mani, dopo il bagno?»
Jason non risponde, osserva le estremità incriminate, poi le strofina sui jeans.
Il tipo ci lancia un’occhiata storta, poi flagella l’amico. «Ci avrei giurato! Immondo, fila via! Vai a ballare, e già che ci sei porta con te le due Cheerleader delle Malattie Veneree.»
Cheer… cosa?
«Che ha detto questo stronzo?» sbotto. «Ehi, ripeti se hai il coraggio!»
Il tipo vestito di nero si volta appena, lanciandomi uno sguardo torvo oltre la spalla. Sono sul punto di insultarlo di nuovo, ma Jason si frappone tra noi con un bel sorriso. «Niente, niente. Oggi il mio amico non è dell’umore giusto, e comunque ha una pala. Mi spiace, Linda, non è il tuo cavaliere.»
«Ah, non fa niente.» La mia amica mette su un sorriso da predatrice. «Mi piacciono i mori. Ehi, moro, facciamo salire la mia foca sulla tua pala?»
Il tipo ruota verso di noi, armato di sdegno. Assurdo: è il negativo del suo amico.
Capelli scuri, curatissimi e in ordine, ben rasati ai lati e un po’ più lunghi sopra. Zero barba, occhi cupi e penetranti. Ha tutta l’aria di chi si sta divertendo un mondo, sì, a progettare omicidi.
Il cartellino con il simbolo è appuntato storto, su una camicia grigio scuro senza l’ombra di una piega.
È l’anti-divertimento incarnato in un uomo. La nemesi della gioia.
«Certamente» cadenza questi, bevendo un sorso di birra. «Facciamo incontrare la mia vanga alla tua foca. L’ho sempre detto che la caccia a quei sacchi di grasso è stata vietata troppo presto.»
Linda ammutolisce, poi scoppia a ridere dopo due secondi.
Io non sono sicura di aver colto bene il senso, ma ho una smorfia d’orrore dipinta sul viso.
«Dai», lo prega Jason, «per favore, non stasera. Ragazze, scusatelo, ha avuto una giornataccia.»
«Ehi!» richiamo il mostro con uno schiocco di dita. «Guarda che è un delfino quello, non una foca. Sei cieco, oltre che sociopatico?»
Il tipo sbatte le palpebre, poi mi squadra partendo dai piedi. Arriva al mio viso, socchiude gli occhi e fa spallucce. «Si estinguessero anche loro!» E beve di nuovo, senza smettere di fissarmi.
«Ma sta bene?» chiedo a Jason.
«Lui è Joel» lo presenta questi, arreso come pochi. «Joel, loro sono Linda e Mary Sue. Scusatelo di nuovo.»
«Tanto piacere, sguaiate.» Joel ci saluta con una specie di sorriso. «Ora andate pure a innaffiarvi di sudore altrui in mezzo alla pista, o ad attaccarvi herpes labiali su un divanetto. Bye bye!»
«Io non ho nessun herpes, razza di stronzo!» Finisco il Daiquiri e sbatto il bicchiere sul bancone. «Capito?»
«Tu, no» insiste Joel, calmissimo, «ma il bicchiere sì. Hai presente quante bocche, prima della tua, hanno bevuto da lì? Secondo te l’hanno disinfettato? Non scomodarti, rispondo io: no.» Socchiude gli occhi e beve un sorso dalla sua bottiglia. «Ma cosa vuoi che sia per il tuo sistema immunitario? A occhio e croce, sarà l’estremità meno condivisa alla quale ti sarai attaccata finora. Non è vero, Sue?»
Siuuu.
Non so quale santo mi salvi dal dare un pugno sul fondo della birra di Joel. Spaccandogli uno o due incisivi e inzuppandogli la camicia grigia e perfetta.
Ho due occhi così e l’iuuu che fischia ancora nelle orecchie quando Jason, intuito che tira aria di mattanza, interviene con una proposta allegra: «Balliamo, ragazze?»
«Sì!» Decido di ignorare il mostro, e sorrido al mio partner. «Volentierissimo.»
«Issimo!» ripete Joel, girandosi di nuovo verso il bancone.
Oddio. Mio.
«Sei un povero testa di cazzo» gli sussurro nell’orecchio, mentre Jason e Linda sono di spalle.
Il tipo si gira appena, e mette su una finta espressione sorpresa. «Oh, lo sapevo che eri una principessa in incognito» controbatte con un occhiolino.
«Stronzo!»
«Vostra Altezza…»
In qualche modo, in una vita o in un’altra, giuro che questo lo ammazzo.
Lo distruggo!
Lo… lo…
«Andiamo, Mary?» Linda mi richiama tirandomi per un braccio. «Devo cercare il mio foco.»
«Delfino» la correggo di nuovo, minacciando Joel con lo sguardo.
«È stato bellissimo, Sue. Grazie. E addio» mi liquida questi, sventolando una mano.
Gli do finalmente le spalle e, sollevata come non mai, mi allontano insieme a Linda e Jason verso il centro della pista, mentre parte la musica dei Village People. Mi accosto al mio partner e grido: «Il tuo amico è normale?»
«No!» Jason scuote la testa e ride.
«Ah! Okay!»
«Fa così con tutti, anche con me!» urla. «Ma è uno a posto, credimi!»
«Problemi suoi!»
Già, solo e soltanto suoi.
Partono le note di In The Navy, e da quel momento in poi non riusciamo a dirci più nulla. Penso solo a ballare e a divertirmi con quello che sarà il padre dei miei figli.
Sotto le luci stroboscopiche e la musica così alta da far vibrare il petto, non riesco a guardare altri che lui. Jason ha il ritmo nelle vene, il suo sorriso è magnetico, felice, svagato, e le sue mani educate.
Reduce da uomini che scambiavano il ballo per un preliminare, quasi mi stupisco di non avere cinque dita incollate a un gluteo. Abituata a balli che sembravano più il tragitto dentro la metro all’ora di punta, mi fa strano muovermi a distanza di cortesia dal mio bellissimo Mr Rombo.
Ridere e divertirmi insieme a lui.
Alla terza canzone ho scelto l’abito nuziale: sarà color avorio, con scollo a V.
Alla quarta ho deciso che andremo ad abitare fuori città, in una casetta a due piani.
Alla quinta ottengo finalmente una mano sulla chiappa e, mentre mi aggrappo alle sue spalle muscolose, sono certa che scodellerò presto due figli, entrambi biondi, entrambi con denti drittissimi e bianchi: saranno un maschio e una femmina.
Avremo due cani e, ovviamente, i miei gatti.
Quando attacca la Gaynor, ottengo una mano sull’altra natica.
Molto bene, Jason! Eccoti una terza misura contro il petto.
Saremo felici io e te, vivremo d’amore e sesso selvaggio. Tu andrai al lavoro, anche se non so che lavoro fai, io aprirò una pasticceria tutta mia e la chiamerò Mary Sue’s Sweetness. Farò torte di tutti i tipi, servizio catering e corsi di cucina in cui insegnerò alle persone a impastare Joel.
Joel?
Che ci fa quello nel mio sogno?
Sono a metà di una piroetta quando mi rendo conto che l’abominio non è nella mia bellissima villetta immaginaria, bensì nella realtà, accanto a noi in mezzo alla pista, in carne, ossa e malumore.
Ci sta fissando con la stessa espressività di un muro di mattoni, mani in tasca; è l’unico fermo e spento in mezzo a centinaia di persone che si muovono gridando: I will survive!.
Sotto le luci multicolor, dà l’impressione di essere un alieno.
Non si muove, non fa nulla, non sbatte nemmeno le palpebre: ci guarda e basta.
Incespico sui miei passi, mi fermo, e il mio futuro si dirada come nebbia davanti alla sua mascella durissima.
«Balla!» gli fa Jason, tutto felice di vederlo lì.
Io ho un brivido.
Se questo buco nero dell’esistenza si mette a dare corda a Gloria Gaynor, giuro che scappo urlando.
Per fortuna, l’unico movimento di Joel è alzare una mano, portarla all’altezza del collo e scuoterla in orizzontale. A meno che non intenda sgozzare qualcuno, il cenno si traduce in: Andiamo via.
«No, dai.» Jason non è d’accordo, per fortuna. «Ci stiamo divertendo!»
Joel spalanca gli occhi e li gira su di me, che nel frattempo sto tirando su lo scollo del vestito, tenendo il ritmo con passetti leggeri. Lo guardo come per dire: Be’? Problemi?.
La sua bocca ha un impercettibile scatto, poi Joel rotea lo sguardo sull’amico. È stato rapido, ma io l’ho intravisto lo stesso il disgusto, gliel’ho letto in faccia.
«Me la sto facendo addosso!» Linda sbuca dalla folla, informandoci sui limiti della sua vescica. Ha le cosce strette e lo sguardo allucinato. «Sto per esplodere! Dov’è il cesso?»
Jason le lancia un sorrisetto, mentre al buco nero credo si sia pietrificata l’anima.
Un uomo non può, fisicamente parlando, spalancare gli occhi più di così senza correre il rischio di stappare i bulbi dalle orbite.
Mi arrendo. Faccio un cenno alla mia amica, e tutti e quattro usciamo dalla pista.
Jason indica un divanetto libero, mentre io e Linda ci dirigiamo verso i bagni delle donne.
I cessi delle discoteche sono, per antonomasia, il luogo più affollato e sporco di un locale, ma anche un’isola sacra per le considerazioni finali.
«Dio, quanto è bello fare la pipì» commenta Linda, mentre i cocktail scrosciano nelle acque reflue di Manhattan. Segue il rumore dello sciacquone. Poco dopo, con un verso estatico, la mia amica esce dalla cabina e mi raggiunge ai lavandini.
Allo specchio, io sto cercando di capire cosa c’è che non va.
Okay, ho le guance rosse per il caldo, i capelli un po’ a fungo e la frangetta spostata di lato, ma a parte questo… «Faccio tanto schifo?» domando.
«No», risponde lei mentre si lava le mani. «Stai bene. Sei molto scopabile.»
«Non voglio essere scopabile, ma carina.» Controllo il trucco; la matita è colata sotto la palpebra. «Quello mi guarda in un modo che…» Sospiro, cancellando la sbavatura con il polpastrello.
«Eh, già.»
«Ci hai fatto caso anche tu?»
«Per forza ti guarda, sei una bomba! Quel tipo ti piace, eh?» E mi assesta una sculacciata sul sedere.
«Sì. Ahia!»
«L’avevo capito» gongola. Dire che è brilla sarebbe un eufemismo. «Ti conosco, biondina. Il piano qual è? Aggiornami.»
«Fosse per me lo inviterei a casa, ma non vorrei sembrare la solita Mary sessualmente aggressiva. No, lui mi sembra uno che va con calma.» A parte le mani sul culo.
«Vero. Dai, ci penso io.»
«No, Linda.»
«Li invito tutti e due. Tu prendi uno, io mi lavoro l’altro. Quanto mi fa sangue quello.»
«Non esiste!» strepito. «No, no, no e poi no!» L’Abominio, in casa mia, non ce lo voglio, ma non è lui il motivo della mia reticenza. «Niente cose a quattro. Basta.»
«Ma dai, sono divertenti!»
Due ragazze, dal lavandino accanto, ci lanciano uno sguardo incuriosito.
«Ascoltami bene, Linda: stasera niente pisello.»
«Come sarebbe a dire niente pisello?»
«No, perché il punto della serata è trovare marito, non pene.»
«La tua serata. Io il pene lo voglio, eccome!»
«Non ti sei rotta le palle delle scopate random?»
«Mmh…» Ci pensa su. «No.»
«Non vorresti un uomo con cui dialogare, passare le giornate, andare al cinema, passeggiare o… che ne so, portare il pane alle anatre in Central Park?»
«Il pane alle anatre?» ripete lei. «Ma ti sei drogata?»
«Io vorrei un uomo sincero, uno con cui condividere progetti e mostrarmi per quella che sono.»
«Intanto mostragli la tua anatroccola, vedrai che lui ti darà subito la baguette!»
«No, no, no! Basta anatroccole e compagnia bella. A questo giro, prima vengo io, poi lei.»
«Orgasmo dissociato? È una nuova tecnica? Me la insegni? Voglio provarla con quello lì, perché secondo me è un gran vizioso.»
«Stop, stop, stop!» La richiamo all’ordine battendo le mani. La mia amica è intelligente e capace di seguire discorsi logici, ma, al momento, dialogare con lei è come cercare di spiegare l’astrofisica a una bertuccia. «Adesso ti dico cosa faremo. È un piano infallibile, credimi.»
«Vai.»
«Torniamo di là, poi io mi allontanerò per prendere da bere. Ci sei?»
«Ah ah.» Annuisce.
«Tu, nel frattempo, chiedi l’email al mio futuro marito!» E sorrido vittoriosa, come se avessi svelato il piano perfetto.
Linda, però, sembra un po’ perplessa «L’email?» ripete.
«Sì, proprio l’email.»
«Ma…»
«Niente telefono e niente orge in casa mia. Ci comportiamo come ragazze per bene, che vogliono fare conoscenza, ma con prudenza, per gradi.»
«Ma noi non siamo ragazze per bene» controbatte. «O sì?»
«Sì che lo siamo» la fulmino. «Altrimenti quello non mi sposa.»
«Ah, ho capito l’antifona. Sì, così ha senso.»
«Gli racconti una frottola, che sono timida e ho avuto brutte esperienze, e che ti ho parlato di lui in bagno, con aria sognante e via dicendo. Ti ho detto di come mi ha magnetizzata, catturata, fatta sua con poche parole. Ma ho anche confessato che non ho il coraggio di dargli il numero di telefono.»
«No?»
«No, perché sai, gli sconosciuti e bla bla bla. Ci ficchi in mezzo la storia della ragazza ferita. Insomma, ti fai avanti a mia insaputa, segni la sua email sul tuo cellulare e gli dai la mia. Quando torno, ti chiedo se il Cuba ha abbastanza rum: è un messaggio in codice, ovviamente. Se hai scambiato tutto, rispondi di sì.»
«Cuba, rum, sì o no, scambio email. Brave ragazze. Okay» annuisce. «Mary, è un piano perfetto.»
«Lo so.» Sorrido soddisfattissima.
«Io posso prendere l’email dell’altro, o ti dà fastidio?»
Scoppio a ridere di cuore. «Ma fai quello che ti pare con lui, dagli fuoco, abbandonalo per strada. Evisceralo. Sai che mi frega.»
«Ah, mi era parso ti piacesse.»
«Scherzi? Ho lo schifo a pelle. Ma l’hai visto? Sembra un nazista!» Torno a guardarmi allo specchio. Già che ci sono, elimino qualche grumo di mascara dalle ciglia. «Che gusti che hai, amica mia.»
Linda ci pensa un po’ su, poi annuisce. «Un nazista… be’, in effetti ha un non so che di tedesco.»
«L’ho sopportato solo per conquistare il mio futuro sposo. A quelli come lui non la farei vedere nemmeno in fotografia.»
«Il. Cuba Libre. Ha. Abbastanza. Rum?» cadenzo ad alta voce nell’orecchio della mia amica. Sgancio un bel sorriso a Jason, che mi risponde con un occhiolino mentre beve e tiene il tempo con i piedi. Ho preso due birre per i ragazzi e due cocktail per noi.
Joel ha un’espressione interdetta e un bicchiere tra le mani. Lo guarda come se stesse stringendo una bomba a orologeria fatta di merda altrui. Io guardo lui e sogghigno.
Forza, bevi, stronzo. Attaccati a quel bordino contaminato di germi. Panati quelle labbra strette e stitiche con miliardi di bacilli, e poi muori.
Dopo un sospiro, il nazista solleva gli occhi, li punta nei miei e sorride di sbieco. Nemmeno dritto, di sbieco.
Gli rispondo arricciando le labbra e frullando le ciglia.
Uno a zero per me, mentecatto!
Linda mi dà una gomitatina nel fianco distraendomi, assaggia un sorso dalla cannuccia, alza gli occhi al soffitto, mi tiene sulle spine. «Ha moltissimo rum! Doppio!» annuncia trionfante. «È perfetto!»
«Ottimo!» Sorrido in preda a una paresi facciale ed emotiva.
Tutto è andato come previsto, e Joel è ancora lì, a cercare di capire come approcciare la birra senza passare dal bordo, e a guardarmi con quell’espressione storta.
Ma che cavolo ha da guardare?
Girati, evapora, sposta quegli occhi aridi da me, razza di pipistrello asociale!
No, niente, non smette. Mamma mia che ansia.
Decido di voltarmi, o c’è la possibilità che lo aggredisca con una delle mie scarpe. Ho sempre sognato di innescare una rissa sanguinosa a suon di tacco dodici, e Joel mi sembra il soggetto ideale, quello per cui non nutrirei alcuna pietà. Lo bucherei ovunque, senza remore.
Calma, Mary, ignoralo. Non esiste, per te c’è solo Jason. Guardalo, non è bellissimo?
L’hai trovato, sa che gli piaci, ha la tua email, e da adesso in poi andrà tutto a meraviglia.
Tutto. Come. Previsto.
Oddio, quello mi starà ancora guardando?
CAPITOLO 2
Da: J.Sjög_345wtf@mail.com
A: MarySweet@mail.com
Oggetto: Ciao.
Testo: Buongiorno e buon lunedì. Forse in discoteca ho capito male… Ti chiami Mary o Sue? Sulla mail c’è scritto Mary, per questo chiedo. Buona giornata.
Da: MarySweet@mail.com
A: J.Sjög_345wtf@mail.com
Oggetto: R-Ciao.
Testo: Ciaooo! Che bella sorpresa, non pensavo mi scrivessi per primo! Ho un nome doppio: Mary Sue, ma preferisco solo il primo dei due. Come lavoro faccio la pasticciera, ecco perché ho aggiunto Sweet. Sai, al momento sto riempiendo delle tartine con la crema alla vaniglia. Sentissi che profumino! Le bacche sono del Madagascar Come stai? Cosa mi dici di bello?
Da: J.Sjög_345wtf@mail.com
A: MarySweet@mail.com
Oggetto: R-R-Ciao.
Testo: Di bello niente: lavoro anch’io, sto per siringare il molare avariato di un diciannovenne con un favoloso impasto alla ceramica. Provenienza della ceramica ininfluente. Nessun odore particolare, a parte quello del disinfettante. Ho un leggero mal di testa. Tu come stai?
Da: MarySweet@mail.com
A: J.Sjög_345wtf@mail.com
Oggetto: R-R-R-Ciao.
Testo: Io sto benissimo! Sei un dentista!
Da: J.Sjög_345wtf@mail.com
A: MarySweet@mail.com
Oggetto: R-R-R-R-Ciao.
Testo: Bravissima, come hai fatto a indovinare?
Da: MarySweet@mail.com
A: J.Sjög_345wtf@mail.com
Oggetto: R-R-R-R-R-Ciao.
Testo: Scusa il ritardo, dovevo sfornare le barchette di frolla, altrimenti bruciavano. – Foto allegata: tante barchette di pasta frolla su una griglia di metallo. -Quello che leggo accanto alla J è il tuo cognome?
Da: J.Sjög_345wtf@mail.com
A: MarySweet@mail.com
Oggetto: R-R-R-R-R-R-Ciao.
Testo: Devo confessare che il tuo silenzio mediatico stava iniziando a preoccuparmi. No, Sjög_345wtf ecc… non è il mio cognome, ovviamente. Ho origini svedesi e ce l’ho strano (il cognome). Sei spassosa, te l’hanno mai detto?
Da: MarySweet@mail.com
A: J.Sjög_345wtf@mail.com
Oggetto: R-R-R-R-R-R-R-Ciao.
Testo: Spassosa? Mi fai morire 😂 ❤
Da: J.Sjög_345wtf@mail.com
A: MarySweet@mail.com
Oggetto: R-R-R-R-R-R-R-R-Ciao.
Testo: Sei troppo buffa e conosci tante emoticon, ma non vorrei mai averti sulla coscienza per uno pseudocomplimento. Tornando a cose più serie: quando la tua amica mi ha chiesto l’email, sono rimasto sorpreso. Parecchio.
Da: MarySweet@mail.com
A: J.Sjög_345wtf@mail.com
Oggetto: R-R-R-R-R-R-R-R-R-Ciao.
Testo: Scusa, ero in pausa pranzo con il mio capo. Due palle… Sorpreso in che senso?
Da: J.Sjög_345wtf@mail.com
A: MarySweet@mail.com
Oggetto: R-R-R-R-R-R-R-R-R-R-Ciao.
Testo: Sorpreso. Sor-pré-so (copio e incollo da dizionario web): meravigliato per il verificarsi di un fatto imprevisto o inaspettato.
Da: MarySweet@mail.com
A: J.Sjög_345wtf@mail.com
Oggetto: R-R-R-R-R-R-R-R-R-R-R-Ciao.
Testo: Lo so cosa vuol dire sorpreso, scemino ☺ Intendevo… in senso positivo o negativo? Ho chiesto l’email perché vorrei tanto conoscerti e fare le cose con calma. Sai, ho preso troppe, troppe, troppe scottature.
Da: J.Sjög_345wtf@mail.com
A: MarySweet@mail.com
Oggetto: R-R-R-R-R-R-R-R-R-R-R-R-Ciao.
Testo: Ah, vorresti conoscermi. Va bene. Si può fare.
Per ora è un meravigliato neutro, scemina! Sull’andare con calma mi trovi d’accordo, e mi dispiace per le molte e brutte esperienze. Purtroppo, ne capitano molte quando se ne fanno molte. È matematica, non sfortuna.
Be’, ci sentiamo poi, ho visite.
Ciao, ciao, ciao.
Mary: Lindaaa! Mi ha scritto!
Linda: Ma dai, come sono contenta!
Mary: Anche io! È carino, mi prende in giro, giochiamo al tira e molla. È un dentista, te lo saresti mai immaginato?
Linda: No! Che altro ti ha detto?
Mary: Che è uno che va con calma! Yeah! È rimasto stupito dal fatto che abbia chiesto il suo contatto.
Linda: In effetti sì, era parecchio sorpreso. Ottimo, quando scopate?
Mary: Dai! Stiamo andando per gradi…
Linda: Contenti voi. Torno al lavoro, oggi ho anche l’inventario. Aspetto aggiornamenti, okay? Baciobacio!
Mary: Baciobacio! E grazie, è l’uomo della mia vita!
Da: J.Sjög_345wtf@mail.com
A: MarySweet@mail.com
Oggetto: Buonasera.
Testo: Mi chiedevo: dove lavori di preciso?
Da: MarySweet@mail.com
A: J.Sjög_345wtf@mail.com
Oggetto: R-Buonasera.
Testo: Al Bakery & Sweetness sulla Greenwich Avenue, davanti al Jefferson Market Garden. Hai presente il grande café pasticceria shabby chic con vetrine ad angolo? Quello. Se passi di qua, dimmelo prima, ti faccio trovare i bignè con la crema. Li faccio pieni pieni pieni, sono la mia specialità e vorrei farteli assaggiare.
Da: J.Sjög_345wtf@mail.com
A: MarySweet@mail.com
Oggetto: R-R-Buonasera.
Testo: Non posso mangiarli, sono pieno pieno pieno di una grave intolleranza al lattosio.
Da: MarySweet@mail.com
A: J.Sjög_345wtf@mail.com
Oggetto: R-R-R-Buonasera.
Testo: Oh nooo ☹
Da: J.Sjög_345wtf@mail.com
A: MarySweet@mail.com
Oggetto: R-R-R-R Buonasera.
Testo: Oh sììì 🙂
Da: MarySweet@mail.com
A: J.Sjög_345wtf@mail.com
Oggetto: R-R-R-R-R-Buonasera.
Testo: Posso farti le meringhe! Quelle puoi mangiarle!
Da: J.Sjög_345wtf@mail.com
A: MarySweet@mail.com
Oggetto: R-R-R-R-R-R-Buonasera.
Testo: E sono anche gravemente dentista, nemico degli zuccheri inutili!
Da: MarySweet@mail.com
A: J.Sjög_345wtf@mail.com
Oggetto. R-R-R-R-R-R-R-Buonasera.
Testo: Ops, mi sa che siamo su fronti opposti, noi due. Ti posso preparare un caffè, il mio è da leccarsi i baffi ☺ Sai, ho un sogno nel cassetto: aprire un bakery café, uno specializzato in cookies, cupcake, dolcetti e corsi di cucina. Vorrei insegnare alla gente a fare cose buone.
Da: J.Sjög_345wtf@mail.com
A: MarySweet@mail.com
Oggetto: R-R-R-R-R-R-R-R-Buonasera.
Testo: Forse intendevi antipodi ma ho capito lo stesso il senso. Sì, mi era sorto il dubbio che fossimo una sorta di rivali.
E ancora sì, non nutro dubbi sulle tue variopinte abilità. Il tuo non è un sogno, bensì un progetto fattibile con un minimo di impegno. Comunque… che stai facendo?
Da: MarySweet@mail.com
A: J.Sjög_345wtf@mail.com
Oggetto: R-R-R-R-R-R-R-R-R-Buonasera.
Testo: – Foto allegata: due gambe nude, dal ginocchio in giù, con piedi appoggiati su un pouf. Davanti, libreria piena di libri e cornici con foto. Incassata nel mobile, una televisione accesa su un talent show musicale – Mah, io lo chiamo sogno, ma dovrei rifletterci seriamente, lo so. Il lavoro da dipendente non mi dispiace, ma vorrei qualcosa di mio, non so se mi spiego.
Mi annoio e guardo la tv. Tu cosa fai?
Da: J.Sjög_345wtf@mail.com
A: MarySweet@mail.com
Oggetto: R-R-R-R-R-R-R-R-R-R-Buonasera.
Testo: Sì, ti sei spiegata. Il tuo cellulare ha un’ottima fotocamera: quanti dettagli… Io sto masturbando gli ultimi neuroni svegli su un trattato di analisi odontoiatriche, e tra poco s-vengo dal sonno.
Perdonami, quando sono stanco divento sciocco.
Da: MarySweet@mail.com
A: J.Sjög_345wtf@mail.com
Oggetto: R-R-R-R-R-R-R-R-R-R-R-Buonasera.
Testo: Ma no, sei un tipo divertente.
Da: J.Sjög_345wtf@mail.com
A: MarySweet@mail.com
Oggetto: R-R-R-R-R-R-R-R-R-R-R-R-Buonasera.
Testo: Divertente io? Ah, questa è una bella novità. Tu invece, salvo smentite, sembri esattamente come ti avevo immaginata, o forse meglio, e qui mi sto sbilanciando tantissimo, cosa non da me.
Ho deciso che domani ti darò il mio numero di cellulare, così potremo scriverci più agevolmente.
Buonanotte.
Da: MarySweet@mail.com
A: J.Sjög_345wtf@mail.com
Oggetto: R-R-R-R-R-R-R-R-R-R-R-R-R-Buonasera.
Testo: Non vedo l’ora. A domani, buonanotte 😘
CAPITOLO 3
A giudicare dall’espressione, a Linda qualcosa non torna.
«Quindi, è da due settimane che vi scrivete, e ancora niente?» chiede mentre gira lo zucchero che ha versato nel caffè.
«Come niente?» esclamo. «Siamo impegnati entrambi con il lavoro, ma ci mandiamo messaggi tutto il giorno, dalla mattina alla sera. Io non lo chiamerei niente. Sento più lui che i miei genitori.»
«Sono messaggi erotici?»
«No, per la miseria!» Sbatto le mani sul tavolino, attirando l’attenzione di metà della clientela del Bakery & Sweetness. «No», ripeto a bassa voce. «Niente zozzerie. Parliamo di noi e delle nostre giornate.»
«Lui ha sicuramente dei problemi» psicoanalizza in due secondi.
«Se un uomo non parla sempre di sesso non vuol dire che sia un pazzo, Linda.»
«Va bene, mi fido. Cosa ti avrebbe raccontato? Sentiamo.»
«Che è un dentista e fa una vita tranquilla. Va al lavoro e torna a casa. Ogni tanto mi parla dei suoi clienti.»
«Poi?»
«Poi, boh… Ha una sorella più piccola alla quale vuole molto bene. Ah, gli piace correre. Corre un’ora tutti i giorni. Poi parliamo di progetti, idee, cose così. Una sera abbiamo visto lo stesso film e lo abbiamo commentato via messaggio. È stato così romantico…»
«Che film era?»
«Alien: Covenant, quello con Fassbender. L’unica cosa guardabile in due ore di film.» Linda è sconvolta, faccio finta di non notarlo. «Gli ho detto che vorrei aprire un locale e…»
«Che altro?»
«Mah, gli ho mandato qualche foto dei miei gatti, dei miei dolci…»
«Di te?»
«No, della mia casa.»
«Della casa» ripete.
«Sì.» Mi stringo nelle spalle e spalanco gli occhi. «Cos’avrei dovuto mandargli, scusa?»
«Le tette!» prorompe, come se avesse appena svelato il segreto più recondito dell’universo. Di nuovo, metà dei clienti ci guardano male.
Mi spalmo contro il tavolino. «Abbassa la voce, cretina!»
«La tua bellissima terza misura, in tutto il suo roseo splendore» continua pacata. «Oppure tu, nuda, stesa sul letto. O tu, sempre nuda, appena uscita dalla doccia. È un uomo adulto, non un adulto asessuato.»
«No, non esiste!» scuoto la testa, più decisa che mai. «Non commetterò errori che…»
«Ma quali errori?» controbatte. «Questo poveraccio è da giorni che ti scrive, e si sorbisce Alien e i tuoi messaggini cuoricini, e tu non ci giochi un po’? Ci credo che non ti inviti a uscire, penserà che tu voglia un amichetto virtuale, un cazzo di Tamagotchi o un critico cinematografico. Un uomo deve sentirsi maschio, e tu, in quanto femmina ormonata, hai il sacrosanto dovere di farlo sentire tale.»
«Femmina ormonata…» ripeto perplessa.
«Svegliati, Mary. Possibile che, se non la dai subito, ti blocchi?»
«Le vie di mezzo non… boh.» Sospiro, fuggendo con gli occhi verso lo scorrere del traffico. «Mi piace parlare con lui, condividere idee, progetti per il futuro. Insomma, mi fa sentire più di quella che sono. Ma forse hai ragione tu, dovrei passare all’attacco. Senti, a te come va con il nazista?»
«È sparito. Credo mi abbia dato una email finta.»
«Strano» ironizzo. «Sembrava così simpatico e propenso al dialogo.» Bleah, anche solo pensare a quel coso mi fa venire il mal di stomaco. I suoi occhi gelidi, poi… Avvicino il piattino con la Tarte Tatin a Linda. Non ho fatto colazione, ma il ricordo di Joel mi ha tolto l’appetito. «Mangiala tu e dimmi com’è.»
«Sembrava simpatico e carino, vero?» fa lei bevendo un sorso di caffè.
«Amica mia, io ti voglio bene ma tu non hai tutte le rotelle sincronizzate.»
«Sai, mi pare di ricordare che abbia detto che era in partenza per qualche posto lontano, dal nome straniero. Forse è per questo che non mi risponde.»
«Linda.» Incrocio le braccia sul tavolino e la guardo dritta negli occhi. «Proprio non capisci quando ti tirano un due di picche, eh?»
La mia amica fa una smorfia triste. «Dici?»
«Dico.»
«Be’, amen, ne troverò un altro, tanto non sono io quella che vuole accasarsi. Allora, ripeti, stasera che devi fare?»
«Tette time» enuncio arresa.
«Bravissima. Poi vedrai che soirée. Altro che gatti, Alien e negozi da aprire.»
Gatti.
Persino Rocco e Dera, acciambellati sul letto, mi stanno giudicando. Sono due giudi-gatti della peggior specie, e io davanti allo specchio del bagno, mezza nuda e grondante di doccia, penso che sto sbagliando tutto.
Ho indosso solo l’accappatoio, e dentro un mal di pancia da nervosismo che mi sta rivoltando le budella.
Fisso la chat tra me e Jason, cristallizzata all’ultimo messaggio di due ore prima.
L’ho lasciato che stava facendo la spesa al supermarket. Adesso gli sparo le mie tette.
Forza, femmina ormonata!
Mary: Ehi, che fai?
Risponde dopo cinque minuti tondi. Nel frattempo, ho tamponato i capelli e sono andata a stendermi sul letto.
Jason: Divano, pigiama, Netflix e cena in forno. Tu?
Mary: Doccia, letto, accappatoio. Domattina lavoro, ho una collega in malattia.
Jason: Mi dispiace.
Mary: Ne approfitterò per sfornare nuovi dolci, ho un sacco di idee. Ma ora ho caldo e mi annoio…
Jason: La doccia è soporifera.
Mary: Mi tieni compagnia?
Che frase da ragazza facile. Ti prego, Jason, non pensare che lo sia, ti prego non pensare che…
Jason: Se vuoi. Suggerimenti?
Mary: Che cos’hai addosso?
Jason: Già detto: pigiama. Blu scuro, righine bianche. Vuoi anche taglia e marca?
Mary: No… Io non indosso niente.
Jason: Non eri in accappatoio?
«Oddio, stasera facciamo i puntigliosi?» brontolo, digitando la risposta.
Mary: Sì, ma sotto sono nuda…
Jason: Strano, io giro sempre vestito e in accappatoio.
Mary: Non mi credi?
Jason: Ero ironico. Certo che ti credo. Aspetta, devo sfornare la lasagna.
Ora o mai più. Apro l’accappatoio, copro seni e capezzoli con il braccio e strizzo un po’. Piego le gambe e scatto la foto da sotto il mento.
Zero filtri. Tra la semioscurità e la posa viene fuori un perfetto vedo-non-vedo del mio corpo, steso sul letto. Si intravede appena il ciuffettino dell’amica del piano di sotto.
Perfetto! Forza, Mary!
Conto fino a tre e invio.
Attendo la risposta con il cuore che martella nel petto.
Lui torna online qualche istante dopo.
Foto visualizzata.
Sta digitando…
Oddio.
Jason: I tuoi gatti dormono sul letto?
«Cosa…?»
Recupero la foto e mi rendo conto che Rocco e Dera sono finiti nello scatto. Ai miei piedi, sulla destra, ci sono due palle di pelo grigio e rosso che ronfano.
Mio Dio, che cretina… gli ho mandato una foto di me nuda, con due felini.
Mary: Ehm… Sì.
Jason: Non è un’abitudine sana, mi auguro almeno che non escano di casa, quei due.
Mary: No.
Jason: Tralasciando i gatti, il resto è notevole. Anzi, generoso.
Mary: Oh, stavo iniziando a preoccuparmi. Grazie.
Jason: Prego.
Mary: Non mi dici nient’altro?
Jason: Mi hai preso alla sprovvista, sto elaborando.
Mary: Non ti piaccio? Sii sincero.
jason: Sono sempre sincero. Ammetto di essere discretamente eccitato. Scusa, ma sai, l’ovvia reazione…
Mary: Fai pure.
Jason: Cosa?
Mary: Approfitta virtualmente di me…
Jason: Mi stai dando il permesso di masturbarmi, guardando una foto di te nuda?
Mary: Yesss.
Jason: Oh, okay. Sei molto gentile, grazie. Ci aggiorniamo dopo.
Mary: No, rimani con me e descrivi.
Jason: O mi masturbo o scrivo. Con una mano sola è complic
Jason: Appunto… complicato digitare.
Mary: E se ci chiamassimo?
Jason: Mi inibisco. Ti scrivo io dopo.
Mary: Chiamata video?
Jason: No, è da sfigati del ventunesimo secolo.
Mary: Allora descrivo io?
Jason: Come sei versatile.
Mary: Con un dito mi sto, toccando. Il, clitomande.
Jason: Te l’avevo detto che era difficile.
Mary: Volevo dire clitoride! Il clitoride.
Jason: 👍👍👍
Mary: Ora Ho. Indice. Nell
No, non dovevo premere invio. Oddio, che sudata… ho i capelli incollati addosso, un dito nella passera, e con la sinistra sto cercando di comporre il messaggio. Il braccio trema perché non ha appoggio.
Ha ragione lui: è una cosa complicatissima.
Mary: Ho indic. Dentro.
Jason: Ho intuito. Tranq.
Mary: Vorrei che fosti
Jason: *fossi
«Ma vaffanculo, mi corregge pure la grammatica!» Sfilo il dito, e digito velocissima.
Mary: Fottermi. Volevo dire fottermi.
Jason: 👍👍👍
Mi arrendo. Abbandono il cellulare sulla pancia e aspetto. Qualche minuto dopo, vibra per un nuovo messaggio.
Jason: Piacevole, grazie.
Mary: Prego.
Jason: Aspetta, contraccambio.
Uh, membro in arrivo!
Salto a sedere sul letto facendo spaventare Rocco e Dera. Un secondo dopo, Jason scodella in chat la foto di una lasagna ben cotta, con tanto di crosticina.
Jason: Lasagna con besciamella no-lact fatta da me. Questo sì che è vero porno.
Mary: Ah…
Jason: Ho fatto in tempo, è calda.
Mary: Sono contenta per te. Pippe e pasta al forno. Che seratona, eh, Jason?
Non mi risponde più.
Presumo si stia godendo il suo relax post orgasmico davanti alla tv, con il pigiama blu scuro a righine e la lasagna.
Arresa e insoddisfatta, me ne vado in bagno.
Un’ora dopo, in preda ad ansia da abbandono, mi sfogo al telefono con la causa del mio vuoto.
«Linda, non suggerirmi ma più una cosa simile!» piagnucolo, facendo avanti e indietro per il salone, tra l’ingresso e l’angolo cottura. «Non hai idea di che incubo sia stato!»
«Perché?» Lei cade letteralmente dalle nuvole.
«Perché è una cosa ingestibile. Con una mano scrivi, con l’altra… ah! Lascia perdere. Ho ancora il crampo al polso sinistro.»
«Eppure, negli anni Novanta, il sesso virtuale era così di moda. Lo facevano tutti.»
«Gli anni Novanta non hanno brillato per idee e mode geniali, eh. E poi, che ne so, allora ero troppo piccola.» Piombo nella poltrona, davanti alla finestra. «Mi sento una povera scema. Non avrei mai dovuto mandargli quella foto.»
«Lui che ti ha detto?»
«Si è fatto una sega e ha ringraziato, dopodiché è sparito con la lasagna.» Sollevo le gambe e poggio la fronte contro le ginocchia, sospirando. «Che tristezza, amica mia.»
«Doveva essere una gran bella lasagna.»
«Vai a farti fottere!»
«Forse anche lui non faceva sesso virtuale negli anni Novanta.»
«Ma che ne so. Vorrei scrivergli» pigolo. «Posso? Devo? Che dici? È il caso?»
«No, dico che non puoi, non devi e che non è assolutamente il caso!»
«Ma la sera parlo sempre con lui. Se non lo sento, poi mi manca e dormo male.»
«Ho detto di no!» strepita. «È in debito di un orgasmo. Se è un uomo come si deve, ti cercherà lui.»
«Figurati!» Gratto con l’unghia la cucitura del bracciolo. «Quello avrà capito l’andazzo, ossia che sono una povera scema facile, e mi avrà bloccata.»
«No, c’è sicuramente una spiegazione razionale: la lasagna riempie, la pippa rilassa. Si sarà addormentato davanti alla televisione, credimi.»
«Lui non si addormenta mai davanti alla televisione! Si lava due volte i denti prima di andare a dormire. Passa il filo interdentale e fa i gargarismi con il collutorio alla menta artica. Poi si spazzola i capelli, per questo li ha bellissimi, e mette le lacrime artificiali. Tre per ogni occhio.»
«Si mette il collirio prima di… ma sei seria?»
«Morirò sola, qui, in sessanta metri quadri! Il mio cadavere verrà spolpato dai gatti.» Rocco e Dera, seduti sul ripiano della cucina, mi fissano. «Vado a dar loro da mangiare, prima che mi divorino!»
«Tirati su. Domani si farà vivo, vedrai.»
«No! Lui mi cercava, era l’unico uomo che parlava sul serio con me, era il mio Tamagotchi motivazionale con pene! Adesso avrai la mia solitudine sulla coscienza, Linda!» piagnucolo. «Addio!» E metto giù.
Apro la chat tra me e Jason e guardo malinconica l’ultimo messaggio che le sue bellissime dita hanno composto: Ho fatto in tempo, è calda.
In quelle sei parole, una virgola e un punto, leggo la certezza che io, Mary Sue Clarke, valgo soltanto come sega ammazza tempo.